Amor nello specchio

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Amor nello specchio

Ducato di Mantova, 1619. Alla corte dei Gonzaga opera la Compagnia dei Comici Fedeli. Capocomico è Giovanni Andreini e prima attrice sua moglie, Vittoria Ramponi. La loro fama è al culmine, quando vengono invitati dal re di Francia, Luigi XIII, a recitare per un anno all’Hotel de Bourgogne, destinato a diventare il teatro di Molière. Famosa in tutta Europa per la sua arte e per la sua bellezza, Virginia è molto orgogliosa e non sopporta che, da qualche mese, sia entrata in compagnia una giovane attrice, Lidia, che ha conquistato il favore di Giovanni. Mentre ci si prepara per la partenza, Andreini inizia a scrivere una nuova commedia: l’argomento è quello delle vicende che lo stanno turbando, i suoi desideri più nascosti e difficili da rivelare. Il personaggio riservato a Virginia è altero e sprezzante, una donna che rifiuta gli uomini perché innamorata di se stessa, la sua immagine allo specchio le dà molta soddisfazione. In realtà, per placare il conflitto tra le due, Giovanni usa proprio la commedia e fa nascere tra le rivali una inattesa amicizia. Virginia coglie la provocazione e la accetta: in scena e nella vita, decide di sedurre Lidia. Giovanni capisce che il gioco sta per sfuggirgli di mano. Il testo va in scena, e il Re di Francia vi assiste ammirato. Ma Lidia e Virginia, ormai amanti, fuggono. Sulla via del ritorno in Italia, Giovanni scrive l’ultimo atto della commedia, nel quale, secondo le regole, tutti i pezzi del gioco tornano al loro posto. Così nasce la commedia “Amor nello specchio”.

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3 commenti

  1. regina77

    Riconosco di essere di parte perchè io adoro i film in costume, nonchè la storia di quei periodi…quindi inutile dire che mi è strapiaciuto!! La Galiena è favolosa. E cmq, obiettivamente è un film fatto bene.

  2. Molto, molto intrigante la storia tra A. Galiena e Simona Cavallari.. Da vedere assolutamente.. Comunque bello tutto il film.. Consigliatissimo agli amanti dei film in costume..

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RECENSIONE:
Eva contro Eva nella solita guerra ma alla fine sarà attrazione fatale – Ambientata nel ‘600, una storia cultural-libertina con la Galiena. Facciamo un po’ la conta di quali spettatori potrebbe incuriosire, pur nel presente clima di sfiducia verso il cinema italiano, un film culturale-libertino come “Amor nello specchio”. Mettiamo davanti a tutti gli studenti del Dams, perché qui ci si rifà all’omonimo copione seicentesco di Giovan Battista Andreini (del quale, fatto insolito, il sapientissimo regista Salvatore Maira ha curato un’edizione critica presso Bulzoni). Vogliamo aggiungere al pubblico virtuale gli abbonati dei teatri stabili? E poi dovrebbero passarsi parola anche le seguaci di Saffo (velate o meno) perché la trama celebra con gioiosità un amplesso femminile come soluzione di una complessa crisi esistenziale. Qualche richiamo, infine, la pellicola dovrebbe esercitarlo sul popolo dei porcelloni, ai quali riserva (magari con un’interpretazione un po’ pantografata del permissivismo d’epoca) un’ammucchiata da far invidia a Tinto Brass. Sono di scena gli amori e i furori dell’Andreini (1576-1654), capocomico e drammaturgo della compagnia dei Fedeli, diviso fra la frigida moglie Virginia Ramponi in arte Flaminia (è lei, che ama solo se stessa allo specchio in chiave masturbatoria) e la giovane commediante Lidia. Sull’eterna falsariga di “Eva contro Eva”, si contrappongono così (ma solo finché si scoprono reciprocamente attratte) la carismatica Anna Galiena e l’attraente Simona Cavallari. Dobbiamo agli allestimenti che ha fatto Luca Ronconi di “La centaura” e di “Due commedie in commedia” se abbiamo qualche familiarità con il geniale teatrante protagonista, plausibilmente incarnato nel film dallo svedese Peter Stormare allievo di Ingmar Bergman. Non so quanto cercata, la somiglianza fra i due suggerisce di continuo una chiave di lettura moderna per “Amor nello specchio”, come affermando che passione e pragmatismo, talento e morbosità sono di casa nel cinema moderno alla pari che nello spettacolo di tre secoli fa. Ambientato con appropriato fasto, anche valorizzando a cura di Antonello Geleng gli splendori dei palazzi mantovani e del teatro di Sabbioneta, il film risplende di raffinatezza nella fotografia di Maurizio Calvesi e attraverso la risonante partitura di Nicola Piovani. In un complesso di attori ben intonato spicca Maurizio Micheli, odioso e ricattatorio ministro di polizia (sulle prime la diva gli mena la bastonata che si merita, poi dovrà cedere alle sue voglie); da premio il prete incantatore di Quinto Parmeggiani. (Tullio Kezich, Il Corriere della Sera, 20 novembre 1999)

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