Antonio Mero fa l’operaio in un cantiere nautico a Fiumicino. E’ un uomo ruvido e, benché il suo mestiere lo porti ogni giorno sulle navi, non ha mai viaggiato perché ha paura di tutto ciò che è diverso da sé. Ha un figlio, Lorenzo, che ha cresciuto in completa solitudine da quando la sua compagna, Denisa, una donna albanese, li ha lasciati. Lo ha educato nel mito della boxe, incitandolo ad alzare sempre la testa, sul ring come nella vita. I due vivono in un delicato equilibrio che viene sconvolto dal ritorno di Denisa e dall’incontro di Lorenzo con una ragazza, Ana. Quando Lorenzo ha un incidente e i medici dicono che non c’è niente da fare, Mero dà il suo assenso all’espianto del cuore. Ma il dolore lo stringe in una morsa e, aggirando la legge, riesce a scoprire il nome del ragazzo che ha ricevuto il cuore di Lorenzo. Lascia così Fiumicino e la sua regione per compiere un viaggio verso il Nord e conoscere il ragazzo che spera abbia qualcosa in comune con il suo Lorenzo.
A me è parso un film incompleto. Pur ammettendo l’ottima prova di attore di Castellitto trovo che dopo la morte del figlio il film peggiori e si perda un pò il senso della trama, lasciando Castellitto in preda a se stesso e alla fine che hanno fatto gli organi del figlio. Il personaggio della madre è irrisolto.
Mi è piaciuto davvero tanto il ruolo di Castellitto, soprattutto perchè quando un attore è bravo, in certi ruoli, non può che diventarlo ancora di più. Un padre autoritario ma ricco d’amore per il figlio, che ‘vive’ per lui e ‘muore’ con lui, tanto da iseguirlo anche dopo la morte. Una trama decisa e forte, stupendamente interpretata e molto scorrevole. Bello e commovente.
Ancora una volta si torna a parlare di integrazione ed omosessualità al Cinema Nuovo Teatro di Palombara Sabina. L’attualità entra anche nella piccola sala della provincia romana che da venticinque anni ospita registi ed attori del cinema made in Italy. Alza la testa del 38enne romano Alessandro Angelini, già documentarista ora al secondo film dopo L’aria salata, monopolizza l’attenzione degli spettatori del Festival delle Cerase che dopo Viola di Mare domenica scorsa sono tornati ad affrontare il tema dell’integrazione del diverso. «I transessuali non sono solo persone che si prostituiscono per strada, sarebbe riduttivo raccontare questo. Io vedo una persona che vuole cambiare la sua vita e su quello bisognerebbe riflettere» dichiara Angelini davanti agli spettatori di Palombara che lo hanno applaudito a lungo. E magari a giugno il suo film che parla di integrazione potrebbe anche conquistare la ciliegia d’oro. (YouTube)
CRITICA:
“E’ una gioia veder confermata la stoffa di Alessandro Angelini nel passaggio dall’esordio, con ‘L’aria salata’, alla difficile prova dell’opera seconda: ‘Alza la testa’. Portando con sé, da una tappa all’altra, lo stesso Giorgio Colangeli che tanto aveva contribuito al valore del primo film. Bellissimo soggetto, nel suo disinvolto servirsi di convenzioni già esplorate e di snodi già sfruttati da altri prima. Non importa. (…) A un certo punto capiamo dove il film intende andare a parare ma non ci importa di averlo facilmente previsto, Angelini usa il già visto senza soggezione e noi ci lasciamo emozionare senza fare resistenza. Benvenuto a questo nostro piccolo Clint, piccolo per ora”. (Paolo D’Agostini, ‘la Repubblica’, 19 ottobre 2009)
“La prima parte del film è commovente, ben fatta. Castellitto è bravo come padre innamorato e autoritario, volgare e appassionato. Però da quando il figlio scompare sembra che il film non sappia più cosa fare del personaggio: i suoi eccessi e le sue disavventure sono inutili, sconclusionati”. (Lietta Tornabuoni, ‘La Stampa’, 19 ottobre 2009)
“Gira che rigira siamo sempre lì. Il soggetto intorno a cui ruota gran parte del nostro cinema più ambizioso, è l’incontro con l’Altro, quasi sempre uno straniero o un immigrato: l’emblema del diverso più problematico. Nel secondo film di Alessandro Angelini, ‘Alza la testa’, il tema incrocia la scorza di un personaggio che fra sé stesso e il resto del mondo ha eretto un muro. Il Mero disegnato da Castellitto con molta sottigliezza (e una punta di simpatia di troppo), difatti, usa suo figlio Lorenzo come uno scudo. Là fuori ci sono gli altri. Qua siamo solo noi due. Senza nemmeno la madre in mezzo, perché da quando se n’è andata, in casa non entra più, e se il figlio vuole vederla deve farlo di nascosto. (…) È la seconda parte del film, la più azzardata e interessante, proprio perché mette a nudo i meccanismi difensivi di quel padre. Anche se poi non segue fino in fondo la pista che ha aperto con quell’incontro così improbabile; e malgrado l’interpretazione da brivido di Anita Kravos lascia questi due personaggi un po’ a metà del guado. È il limite più evidente di un film forse troppo scritto, come tanto cinema italiano di questi anni, che per calcolare troppo da vicino l’evoluzione di eventi e sentimenti, soffoca la sorpresa e la libertà dei personaggi che ha creato. Come se i conti dovessero tornare per forza, puliti, senza resti, mentre il fascino di una storia spesso sta proprio nel suo alone di mistero. Così il film è più forte in certi momenti isolati che nel disegno d’insieme. Come se da racconto dovesse farsi per forza parabola. Perdendo però in intensità e verità”. (Fabio Ferzetti, ‘Il messaggero’, 19 ottobre 2009)
“Se la sceneggiatura non funziona, non funziona niente: è una frase che molti giovani registi italiani dovrebbero appendere nella loro stanza (…). Peccato che una domanda così non se la sia fatta Alessandro Angelini che ha presentato il suo secondo film, ‘Alza la testa’. Lo si capisce perché il film all’ inizio prende una strada e poi, dopo un banale incidente in motorino che costa la vita al ragazzo, parte per tutt’un’altra storia. Nessuno pretende che le sceneggiature debbano seguire percorsi diritti e inarrestabili. Le sorprese sono sempre bene accette. Ma per ‘Alza la testa’ non si tratta di sorprese: sembrano piuttosto due storie unite malamente, casualmente interpretate dallo stesso attore, Sergio Castellitto. (…) Il film tira in ballo la criminalità slava, il problema degli immigrati clandestini, una donna incinta che partorisce e entra in coma… e lo spettatore non si raccapezza più. Liberissimo Angelini di non amare le sceneggiature che piacciono a Clooney e a Lubitsch, ma il risultato dei suoi sforzi lascia molto ma molto a desiderare”. (Paolo Mereghetti, ‘Corriere della Sera’, 19 ottobre 2009)
“Oltre misura per accumulo drammatico, nonostante l’ottima prova di Castellitto padre padrone di un ragazzino boxeur che muore in un incidente, è il secondo film italiano in concorso, ‘Alza la testa’ dell’Alessandro Angelini del migliore ‘L’aria salata’. Lo sguardo della cinepresa è teso e focalizzato, ma come si fa a resistere quando l’espianto degli organi del ragazzo, di madre albanese, porta il padre al ‘cuore’ di un transessuale romeno e poi alla nascita della bimba di una clandestina in coma?” (Silvio Danese, ‘Quotidiano Nazionale’, 19 ottobre 2009)
“Questo capitolo, che precede un finale a sorpresa, risente della lezione dell’Antonioni del ‘Grido’. Ma anche qui, in bellissimi piani sequenza, Angelini conferma autonomia di regista e trova in Castellitto un duttile collaboratore. ‘Alza la testa’ è un film bello, appassionato, dove rifulge il ‘saper vedere’ di un autore.” (Francesco Bolzoni, ‘Avvenire’, 20 ottobre 2009)
“Angelini ama le storie toste tra padri e figli. Ma, a differenza di ‘L’aria salata’, questo ‘Alza la testa’ non convince. Soffre di una sceneggiatura meccanica e premeditata, a suo modo ideologica, soprattutto di uno scompenso tra la prima parte, più corale e densa, con buoni tocchi d’ambiente, e la seconda, divagante e sfocata, a coda di pesce. Lo stile c’è, ma da solo non basta a fare un bel film.” (Michele Anselmi, ‘Il Riformista’, 20 ottobre 2009)
“Spiace doverlo dire, perché nella prima parte il regista era riuscito a ripulire dalle gigionerie la recitazione di Sergio Castellitto, girando belle e nervose sequenze di boxe. La seconda parte di ‘Alza la testa’ non regge le troppe sorprese. Dice infatti ‘colpo di scena’ non la cosa più strana che lo sceneggiatore riesce a inventare, ma quella cucita a misura del personaggio.” (Maria Rosa Mancuso, ‘Il Foglio’, 20 ottobre 2009)
“‘Alza la testa’ è il nuovo film di Alessandro Angelini, prova difficile dopo ‘L’aria salata’ che aveva creato molte attese. (…) Angelini si muove con sicurezza, sa guidare i personaggi, la tensione: si prepara qualcosa in quelle palestre e nella piccola casa dei due? Sì perché il ragazzo cade dal motorino in una fuga rabbiosa e muore. E insieme a lui il film. Che a quel punto sembra precipitare alla cieca nell’ansia da Grande Tema, col solito Sergio Castellitto (il padre) ingovernato che mette fuori campo gli altri attori e il suo personaggio. Si passa così dall’eutanasia (e in modo ambiguo) all’emigrazione clandestina come se Angelini, anche autore della sceneggiatura insieme a Angelo Carbone e Francesca Marciano, si fosse perso in questa ossessione. L’ansia dimostrativa finisce per imprigionare il film. Il padre in crisi scopre che il suo cuore alberga nel petto di un transessuale dell’est (quando mai col razzismo che c’è nel nostro paese e la trafila per avere un organo). Non basta. In cerca di redenzione salva dei poveri essere umani svenduti oltre confine (siamo a Gorizia), e infine compie il miracolo: dal coma Lorenzo non era uscito, la piccola clandestina che ha partorito nel camion sì. È bastato mettergli sul ventre il bambino …” (Cristina Piccino, ‘Il Manifesto’, 20 ottobre 2009)
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A me è parso un film incompleto. Pur ammettendo l’ottima prova di attore di Castellitto trovo che dopo la morte del figlio il film peggiori e si perda un pò il senso della trama, lasciando Castellitto in preda a se stesso e alla fine che hanno fatto gli organi del figlio. Il personaggio della madre è irrisolto.
Mi è piaciuto davvero tanto il ruolo di Castellitto, soprattutto perchè quando un attore è bravo, in certi ruoli, non può che diventarlo ancora di più. Un padre autoritario ma ricco d’amore per il figlio, che ‘vive’ per lui e ‘muore’ con lui, tanto da iseguirlo anche dopo la morte. Una trama decisa e forte, stupendamente interpretata e molto scorrevole. Bello e commovente.