Molti hanno lodato questo film, affermando anche che il regista sia senz’altro una nuova promessa del cinema italiano. A noi invece il film è piaciuto poco. Un serial killer ha gia commesso diversi omicidi a Bologna, senza che nessuno sia riuscito ad identificarlo. Grazia, una giovane ispettrice dell’UACV (Unita Analisi Crimini Violenti) arriva da Roma per indagare su questi strani delitti. Gli studenti uccisi sono stati ritrovati completamente nudi e depredati dei loro oggetti personali. Per incastrare l’assassino Grazia chiede aiuto a Simone, un ragazzo cieco in grado di riconoscere l’omicida dalla voce, mettendo se stessa e il ragazzo in pericolo.
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Film tratto da un libro di Lucarelli. Il film è appassionante e potrebbe essere un cult, ma ha delle pecche (da attribuire più a Lucarelli, che a Infascelli). I personaggi sono troppo alla mano: i carabinieri che suggeriscono le informazioni agli indagati, l’ispettrice che si fa la doccia (e anche sesso) nella casa del testimone che deve proteggere. Tutto questo rende poco credibile un noir che invece merita.
Serial killer tende a impersonare le sue vittime e a prenderne l’identità. Dopo averli ammazzati, li spoglia, li dissangua e si veste con i loro abiti… Ma il lieto fine arriva anche qui … Forse era meglio un’altro finale. Ma anche questo è da imputare a Lucarelli e non a Infascelli …
E’ un film non tanto da seguire nella trama, quanto nelle immagini, nella presentazione degli eventi.
Almoust blue rappresenta un film a mio avviso, che esce dagli schemi di una fabula (intesa come storia) per entrare in una storia scandita dalla macchina da presa, dall’ossessione della stessa che tende a presentarsi come una sorta di lunga soggettiva, ossia il vedere di un killer in posizione passiva e compiaciuta dagli eventi stessi.