Varie
“Ho accettato questo ruolo perché ho trovato la storia estremamente interessante – dice Paola Minaccioni – traendo spunto dalla reale disperazione degli italiani, Ansanelli ha saputo costruire una vicenda comica, ma ambientata in contesti ipermoderni. Così, anche le disavventure di una coppia di ragazze gay entra con naturalezza nelle case di tutti…
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Il regista Gianluca Ansanelli racconta subito le ragioni che lo hanno spinto a realizzare questo film: “Ci sono arrivato tardi ma il cinema mi è sempre piaciuto. A quarant’anni ritenevo di avere molto da raccontare e ho pensato di metterle insieme in All’ultima spiaggia”.
Qual è l’ultima spiaggia per uno che fa cinema lo racconta, con molta ironia, il regista: “Quella della precarietà è la condizione naturale per chi fa cinema; io personalmente mi ci ritrovo molto bene. Non sapere esattamente cosa ci aspetta nel futuro mi esalta”.
Sono quattro episodi completamente diversi, con stile e ironia differente, una scelta precisa: “Il substrato di tutto il cast è il medesimo, quello del cabaret; solo che ovviamente ognuno ha pizzicato le corde della recitazione che gli sono più congeniali. Per intenderci poi una storia romantica si addice più a Dario Bandiera che a Giovanni Cacioppo… Se dovesse essere il primo e l’ultimo film almeno ne avrei fatti quattro!”.
Il film d’esordio di Ansanelli arriva in sala con Reality di Garrone come antagonista, il regista teme una sovrapposizione? “Assolutamente, per carità, si tratta di due film totalmente differenti per stile, intento. Il mio è una commedia sulla disperazione concreta degli italiani che si possono buttare nel reality come panacea, ma è pur sempre una commedia. Quella di Garrone è una riflessione sulla psicologia e l’alienazione di uno che vuole far parte di un reality. Nessuna possibilità di confondere i due film dunque”. (Rocco Giurato, 35mm.it)
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INTERVISTA AL REGISTA (da ilcinemaitaliano.com)
Ansanelli ci tiene a ribadire la diversità del suo film da quello di Garrone e parla del rapporto che lega cinema e televisione:
Nessun paragone con Reality, sono sono prodotti diversi…L’assonanza [tra cinema e tv] è antica. L’idea risale alla fine degli anni ’90, con il “Truman show”. Il reality fa parte della nostra vita e società, è il genere televisivo per eccellenza e può essere argomento di narrazione.
Il regista approda al cinema dopo un’esperienza come autore teatrale e televisivo, tra le sue collaborazioni ci sono la trasmissione Stracult e la fiction Distretto di polizia:
Il cinema mi è sempre piaciuto, anche se ci sono arrivato tardi. Credo sia anche una questione di età, a 40 anni avevo qualcosa in più da raccontare rispetto a quando ho iniziato, a 20 anni. Ho fatto un po’ di tutto, anche il cabarettista, e il cinema è il mezzo più complesso che ho provato, con cui si possono raccontare storie con più colori e sfumature.
Ansanelli parla della cifra stilistica del film diviso in quattro episodi, molto differenti tra loro:
Il progetto è nato intorno a questo cast e le diversità sono volute. Veniamo dallo stesso ambiente, ci conosciamo da tempo. Molti interpreti vengono dalla televisione e dal cabaret e a loro si sono uniti attori più cinematografici, che hanno impreziosito il film.
Il regista commenta i diversi episodi che compongono il film.
Nel primo episodio Paola Minaccioni, Dario Bandiera e Nicole Grimaudo sono al centro di una storia in cui una coppia lesbica vuole avere un figlio e ricorre alla fecondazione artificiale. Ma perché andare in una clinica e prendere il seme di uno sconosciuto, quando si può richiamare l’ex di una delle due?:
Quest’episodio attinge dalla commedia romantica e affronta un tema attuale.
Nel secondo episodio Giuseppe Giacobazzi veste i panni di una guardia giurata che organizza una rapina nella banca dove lavora, per riuscire a finanziare una sua invenzione dal momento che non gli viene concesso un mutuo:
Il secondo episodio è il più grottesco ed è recitato da vari comici che hanno già lavorato insieme e sono legati da amicizia.
Il terzo episodio vede un gruppo di amici litigare dopo aver scoperto che la moglie di uno di loro è stata attrice di film pornografici. Il marito per lo shock vuole buttarsi di sotto, sale sul cornicione ed inizia uno spassoso teatrino:
Il terzo episodio si ispira alla commedia più popolare ed è ambientato in un condominio di una borgata.
Infine il quarto episodio vede Ivano Marescotti nei panni di un romagnolo che si è trasferito a Napoli e che finisce in ospedale dopo un infarto dovuto ai troppi caffè bevuti. Il suo vicino di letto lo infastidisce, rumoroso e invadente, ma poi rivelerà il suo lato generoso:
Questo episodio ha un sapore più malinconico e lancia un messaggio più positivo, mostrando che c’è spazio per i buoni sentimenti anche nella difficoltà.
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CRITICA:
“…Con taglio grottesco e sopra le righe, e con attori in gran parte provenienti dall’affollato bacino di cabarettisti e comici tv. E qui siamo alle solite, con la solita operazioncina mascherata da film: in realtà sono quattro sketch comici (agro-dolci) con tempi e modi televisivi, e con recitazione televisiva, tenuti insieme dalla cornicetta agile agile del reality social-trash. Strizzatine d’occhio ingiustificate alla nostra commedia doc (che, davvero, era un’altra cosa), echi tarantiniani dei poveri, una certa volgarità dilagante, cliché come se piovesse, comicità di grana grossa. Poco, pochissimo, da salvare.” (F. Corallo, Il Mattino)
“Carino, pulito, senza troppe battute volgari. Quindi, malgrado la presenza di comici romani di culto come Pablo e Pedro, Antonio Giuliani o Alessandro Di Carlo al loro esordio cinematografico, il ritorno del cabarettista napoletano Carmine Faraco al cinema dopo trent’anni d’assenza (e dire che ha una filmografia pesante, da “Sogni d’oro” di Moretti a “W la foca” di Cicero, da “Ricomincio da tre” di Troisi a “Il tassinaro” di Sordi) e l’effetto stracult di Aurora Cossio, presentata nel press book come “laureata in psicologia” (ma guarda…), nella parte di una moglie sudamericana un po’ mignotta che ha girato il porno “Indiana Giones alla ricerca della topa verde”, alla fine resta un po’ di delusione per chi si aspettava un trionfo di comicità trash e di battute pesanti da questa seconda commedia Medusa della stagione, “All’ultima spiaggia”, opera prima di Gianluca Ansanelli, attore e autore di cabaret e di serie tv…” (Marco Giusti, Dagospia)
Divertente commedia ad episodi, davvero spassosa anche, se a tratti mi è sembrata un po’ razzista nei confronti del Sud Italia, ma forse va interpretata come “satira”?
fenomenale la battuta: “Papà ma questo è scemo? no, è milanese!”