Graça (Sandra Corveloni), che ha due figli – la quindicenne Papoula e Moreno, di 8 anni – viene a sapere di avere un aneurisma al cervello che non le lascia molto tempo da vivere e la può colpire da un momento all’altro. Non sapendo chi potrà badare ai suoi figli quando non ci sarà più, contatta il fratello Luiz Carlos che non vede da 15 anni, da quando lui se n’è andato da casa. Luiz Carlos è però diventato Glória (Carolina Ferraz), dopo un percorso fortemente voluto (anche se non vuole operarsi). L’incontro iniziale fra le due è tremendo, anche perché Glória, che vive serenamente e agiatamente (ha un lussuoso ristorante) la sua nuova vita, non se la sente di accollarsi i nipoti. Ma poi decide di avvicinarsi alla sorella e ai nipoti, affezionandosi a loro. Tra incomprensioni, rancori che vengono a galla, ricordi belli e ricordi nefasti della loro comune giovinezza, le due sorelle si ritrovano legate da un sentimento fortissimo. Ora Graça è tranquilla, sapendo di lasciare i figli nelle mani giuste. Il film è intenso, ma anche delicato al punto giusto, nel trattare il dramma dei 4 protagonisti: le due donne (Graça che vive sapendo di avere le ore contate e Glória che scopre un istinto materno che non pensava di avere), il ragazzo che vive ancora nel suo mondo di favole, la ragazza arrabbiata col mondo intero e prevenuta nei confronti della zia. Coinvolgendo lo spettatore senza scivolare mai nel mélo, mostra, un po’ alla Almodóvar, come l’amore possa essere la mossa vincente per vincere ogni riserva. Uno dei miglior film mai visti su una trans (interpretata, in questo caso, da un’ottima attrice, una donna e non una trans, ma dov’è il problema?). (Vincenzo Patanè)
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