Sono stati tanti anche quest’anno gli episodi di omofobia verbale arrivati sulle pagine dei media, ma meno degli scorsi anni. Noi siamo sempre in attesa di una legge contro l’omofobia, che anche questo governo ci ha promesso (il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni l’ha espressamente elencata nel suo discorso programmatico alle Camere) ma ci é sembrato poco credibile, vista la precaria situazione politica attuale.
Intanto nella società qualcosa si muove se quest’anno per la prima volta abbiamo avuto l’incriminazione per omofobia di un consigliere regionale (aveva detto: “un figlio gay? lo brucerei nel forno”), la Procura ha ritenuto estensibile la legge Mancino contro l’odio razziale. A Torino è stato condannato un condomino che perseguitava una coppia gay. Anche sul fronte della discriminazione per omofobia abbiamo visto condannato con sentenza un istituto privato che è stato obbligato a riassumere un’insegnante licenziata perché si era dichiarata lesbica. In Sardegna i parrocchiani hanno raccolto migliaia di firme per chiedere al Papa di cacciare il parroco omofobo. Tutti segnali chiari di un cambiamento legislativo necessario e improrogabile
L’omofobia verbale, che molti cercano di difendere in nome della libertá di pensiero, é la madre generatrice dell’omofobia violenta, quella che porta al bullismo, ai pestaggi, agli omicidi ed ai suicidi di adolescenti indifesi. Questi omofobi, illudendosi di difendere un’idea, sono in realtà coloro che armano le mani di violenti e assassini. Un’idea che vuole definirti diverso, un paria, una sottospecie non meritevole degli stessi diritti, non é un’idea ma una persecuzione, un’offesa, un’umiliazione, qualcosa che ferisce profondamente nello spirito e anche nel fisico.
Mentre potremmo comprendere (ma certo non giustificare) l’omofobia di alcuni preti educati su cattive interpretazioni delle scritture (ma anche del catechismo) ci sembra invece gravissimo che parte della Chiesa stia sostenendo alcuni siti web che fanno dell’omofobia la loro bandiera.