RODOLFO VALENTINO
(Rodolfo Guglielmi, 1895-1926)
di: Giovanni Dall’Orto
Rodolfo Alfonso Raffaello Pierre Filibert Guglielmi di Valentina d’Antonguolla, in arte Rodolfo o Rudolph Valentino, condivide con altri super-divi del cinema il destino di pochi (cinque) intensi anni di successo delirante, seguiti da una tragica morte, precoce e improvvisa. La fine lo raggiunse infatti ad appena trentun anni, per un attacco di peritonite, appena prima che imboccasse il “viale del tramonto”, e soprattutto prima del trionfo del sonoro che avrebbe di lì a poco condannato all’oblio gran parte delle “star” del cinema muto.
C’è però una differenza rispetto agli altri divi (come James Dean o River Phoenix) divenuti “icone” collettive: Valentino fu il primo divo maschile prodotto dal cinema. Prima di lui nessun uomo era mai diventato così famoso a livello mondiale grazie al cinema.
Il giovane Rodolfo Guglielmi era giunto a diciotto anni in America dalla natia Castellaneta (in provincia di Taranto) in cerca di fortuna. Non era un emigrante come gli altri: era figlio (per quanto decisamente scapestrato) d’una buona famiglia e aveva ricevuto una buona educazione, parlava quattro lingue e partiva con in tasca un diploma di perito agrario e 4.000 dollari di eredità.
Fece ovviamente i lavori poco qualificati disponibili ad un ragazzo “extracomunitario” dell’epoca: lavapiatti, giardiniere, guardaparco ed anche “gigolo”: ballerino a pagamento.
Nella danza rivelò un autentico talento, che avrebbe dimostrato più e più volte nei suoi film.
La sua bellezza era straordinaria (anche se all’epoca considerata di un’eleganza europea eccessivamente raffinata). E quando iniziò una relazione con l’attore del muto Norman Kerry(Arnold Kaiser, 1897-1964) il giovane Guglielmi ebbe probabilmente da lui il consiglio di provare a cimentarsi nella giovane industria del cinema.
Così nel 1917 lo troviamo ad Hollywood come “Rodolfo di Valentina” e successivamente come “Rudolph Valentino”. Gli inizi non sono però incoraggianti, e per il suo aspetto tenebroso è relegato a piccoli ruoli di gangster o insidiatore di giovanette immacolate.
La celebrità arriva perciò come un fulmine a ciel sereno, nel 1921, quando ottenne un ruolo ne I quattro cavalieri dell’Apocalisse del regista gay Rex Ingram (1893-1950, lo stesso che avrebbe poi lanciato come anti-Valentino il suo amante Ramón Novarro – che finì la vita ucciso da due marchette). La scena iniziale, che lo vedeva protagonista di un tango scatenato, lasciò tutti senza fiato e lo trasformò da un giorno all’altro in una celebrità.
Da allora fu un susseguirsi di successi e di ruoli in cui Valentino interpretava sempre l’amante latino focoso e molto, molto esotico, al punto che tra i film da lui interpretati figurano titoli come Lo sceicco (1921), Sangue e arena (1922), Il giovane Rajah (1922), Il figlio dello sceicco (1926), che lo vedono di volta in volta sceicco arabo, torero spagnolo, gaucho argentino, cospiratore russo, comunque sempre “straniero” e sempre “rubacuori”.
Per tenere testa alle aspettative d’eterosessualità del pubblico si trovò una moglie di facciata, Jean Acker, lesbica e anzi amante della celebre e potente attrice Alla Nazimova. Il matrimonio non fu mai consumato (come la moglie si premurò di fare sapere in giro) e non durò più di ventiquattr’ore.
Valentino chiese il divorzio ma per impicci burocratici non riuscì ad ottenerlo subito, cosicché quando si risposò in Messico nel 1922 con Natasha Rambova, ballerina e costumista, anch’essa amante della Nazimova, fu incarcerato per bigamia.
Le complicate vicende private di Valentino facevano i titoloni sui giornali ed alimentavano il suo mito d’amante instancabile.
Sebbene non tutto fosse apertamente divulgato dalla stampa, i mormorii sulla sua prevalente omosessualità incominciarono però a circolare attraverso doppi sensi, allusioni e punzecchiature. Sulla sessualità assai… “articolata” del divo s’accanì quella stampa americana non proprio felice che un “extracomunitario” rubasse tutti i cuori delle donne americane: è celebre l’insulto scagliato nel 1926 da un anonimo cronista del “Chicago Herald Examiner”, che lo chiamò “piumino per cipria rosa”, accusandolo d’essere un dandy effeminato, corruttore dei costumi americani.
In parte queste voci nacquero da un’ostilità sciovinista verso un modello di uomo un po’ troppo lontano dal vaccaro puzzolente di cui John Wayne sarebbe stato l’ incarnazione.
E le famose accuse secondo cui Valentino sarebbe stato il capofila d’una nuova generazione di uomini troppo dediti ai “piumini per la cipria” nascono in fondo dall’immagine un po’ troppo leziosa, tutta nappe e lustrini, su cui avevano calcato la mano i costumisti dei film per accentuare l'”esoticità” dei personaggi.
Eppure a confermare le voci ci sarebbe il diario di Valentino, pubblicato postumo nel 1931 e reso celebre nel 1960 da Kenneth Anger[1]. In esso si trovano annotazioni “compromettenti”, che non lasciano dubbi; l’unico problema è che si sospetta che il diario sia un falso, anche se per il momento non ci sono certezze ne pro né contro l’autentiticità…
Sia come sia, ecco una significativa annotazione del 1924, scritta a Parigi inseguendovi la moglie, che aveva deciso di poter fare benissimo a meno dell’uomo più desiderato del mondo:
“5 luglio (…) Un bellissimo ragazzo mi segue da un quarto d’ora e finalmente mi ferma davanti all’Opera. (…) Mi sono recato a casa sua e mi ha baciato con frenesia già sulle scale (…) Io ero come scatenato (…) Abbiamo fatto l’amore come due tigri fino all’alba. (…) Così mi sono vendicato di Natacha” [2].
Vendetta, dolce vendetta…
Consòla vedere che Valentino sapeva essere “una tigre” erotica anche al di fuori dallo schermo. Anche se, ahimè, non con le fanciulle che avrebbero desiderato verificarlo…
Comunque, al di là delle polemiche e delle difese a oltranza d’una sua presunta quanto indimostrabile “eterosessualità, restano oggi i fatti: cioè che Valentino fu il primo vero divo, il primo sex-symbol maschile prodotto dalla nascente industria del cinema, fiero rappresentante della latinità italiana, e che a tutt’oggi il suo sex-appeal non ha perso nulla del suo smalto sfavillante.
Il suo corpo è sepolto all’Hollywood Memorial Park (ora Hollywood Forever).
Il resto è storia [3].
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Note
[1] Kenneth Anger, Hollywood Babilonia, Adelphi, Milano 1979 e 1986.
[2].Citato in: GiovanBattista Brambilla, Il magnifico emigrante. In: Giovanni Dall’Orto (cur.), 1895. C’era un volta un secolo fa, supplemento a “Babilonia”, n. 135, luglio-agosto 1995, pp. 46-51, a p. 50.
[3] La bibliografia su Valentino è nutrita, (anche se le opere in cui si accenna alla sua omosessualità sono poche). Mi limito quindi a citare pochi testi rilevanti e disponibili in italiano:
Kenneth Anger, Hollywood Babilonia, Adelphi, Milano 1979 e 1986, l’archetipo di tutti i pettegoli (imitato nell’insulso: Renzo Rossotti, Hollywood nera, MEB, Torino 1970).
Alexander Bland, Valentino. Ritratto di un film, Sperling & Kupfer, Milano 1977.
GiovanBattista Brambilla, Il magnifico emigrante. In: Giovanni Dall’Orto (cur.), 1895. C’era un volta un secolo fa, supplemento a “Babilonia”, n. 135, luglio-agosto 1995, pp. 46-51.
B. Mauri (pseud. di Maurizio Bellotti), Un uomo per tutte le emozioni, “Homo” n. 26, gennaio 1975, pp. 22-23.
Leo Pantaleo, Il mistero Rodolfo Valentino, Idea Books, Milano 1995 (è una biografia romanzata, non un saggio biografico vero).
Una curiosità sono le poesie (non gay) scritte dal divo:
Rodolfo Valentino, Sogni ad occhi aperti, Petrini, Torino 1995.
Testo di Giovanni Dall’Orto che potete trovare illustrato sulla sua pagina web:
http://www.giovannidallorto.com/biografie/valentino/valentino.html
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