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Un film per teenager che parla a tutta la società americana e non solo. Sembra volergli dire: ecco, sono queste le vostre origini, le origini del vostro successo e delle vostre sconfitte. Insomma un perfetto microcosmo, ambientato in un liceo della provincia americana, dove tutti possiamo specchiarci. Così abbiamo l’arrivista perfetto (in questo caso la determinatissima Tracy Flick), che non esiterà a calpestere qualsiasi regola e moralità per raggiungere i suoi scopi; l’uomo mediocre e sfigato in crisi di mezza età (l’insignificante professore Jim McAllister); lo stralunato ragazzo di buona famiglia che procede per inerzia (lasciandosi inconsapevolmente strumentalizzare); e infine, il personaggio sorpresa del film, Tammy Metzler, una disinibita ragazza omosessuale (anche se l’ambiente perbenista in cui vive non le permette molta visibilità), alle prese con la sua prima infatuazione, con la prima grande delusione, ma ormai sicura di quale sarà la sua strada. Bellissima la scena in cui espone senza timore, nell’armadietto della scuola, le foto dei suoi primi baci con la sua amica, che proprio per questo deciderà di abbandonarla, sicura di “non essere come lei”. Curioso notare come tra tutti i personaggi del film questo di Tammy sia in fondo quello che ne esce meglio, quello più onesto, coerente e coraggioso, capace addirittura di sacrificarsi al posto di altri.

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L’agrodolce, sociologica opera seconda del promettentissimo Alexander Payne (il cui pluripremiato “Citizen Ruth” é, purtroppo, ancora inedito in Italia) é stata da molti accostata ad “American Beauty”, per evidenti analogie narrative (il simpatetico ‘professore dell’anno’ interpretato da Broderick – quarantenne in crisi senza saperlo, che tenta in tutti i modi di sfuggire alle seduzioni di una neo lolita – é un personaggio similissimo allo Spacey ‘regredito’ del film di Mendes: é un uomo finito perché non sa a cos’altro aggrapparsi nella vita e soffre tremendamente a causa di un’incomunicabilità senza via d’uscita con il mondo e le persone che lo circondano). Va detto che al regista statunitense manca il perfezionismo financo ‘astuto’ del suo cuginetto britannico, che fonde generi e stilemi apparentemente contrapposti con rara sapienza. Ma a tratti, questo grigio film sul sesso e la pochezza intellettuale – riletti nella chiave satirica della cartina tornasole delle elezioni per il consiglio scolastico in un liceo della provincia americana – si rivela talmente arrabbiato da apparirci infinitamente più onesto. Grattando a fondo sul perbenismo e il formalismo di alcune usanze democratiche, Payne rivela ai nostri occhi un microcosmo paradossale delle mostruosità e delle ingiustizie che corrono sotto la superficie levigata della vita americana. Clamorosamente altmaniano e politically-uncorrected nel suo sulfureo moralismo, Payne sembra a tratti incerto proprio perché in realtà é ben deciso a sparare in tutte le direzioni: l’opportunismo della giovane candidata e/o la vendetta personale del triste professorino sono solo la punta dell’iceberg in questa pellicola grottesca e crudele, efficacissima e scevra da ogni formalismo.
(Domenico Vitucci – www.35mm.it)

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